 Era l’anno 1985, quando in seno al Gruppo Ricerche Storiche di Barga, che aveva per presidente Maria Vittoria Stefani – io ero il vice – fu discussa l’idea di ricordare il proposto di Barga Mons. Lino Lombardi nel centenario della sua nascita che sarebbe avvenuto nel successivo 1986.
Era l’anno 1985, quando in seno al Gruppo Ricerche Storiche di Barga, che aveva per presidente Maria Vittoria Stefani – io ero il vice – fu discussa l’idea di ricordare il proposto di Barga Mons. Lino Lombardi nel centenario della sua nascita che sarebbe avvenuto nel successivo 1986.
Di questa iniziativa ne fu particolarmente entusiasta il compianto Mons. Piero Giannini (1936 -2007) ma anche il Comune svolse la sua importante parte. Cosicché, come meritava la memoria del personaggio, tutti insieme potemmo realizzare un programma di livello.
Oltre alla mostra sui restauri del Duomo allestita proprio all’interno della chiesa, in cui ebbe il suo spazio anche l’opera svolta da Morando Stefani, realizzammo anche il libro All’ombra del Duomo di Barga, in cui furono raccolti scritti del Lombardi: brani del suo diario personale, assieme ad articoli storici sul Duomo e sulle chiese del Comune.
Il libro fu voluto da Don Piero, affidando a me l’incarico della ricerca dei testi che, con il suo permesso effettuai presso l’archivio della propositura, dove erano giacenti, sparsi qua e là in tante cartelle, se non tutti, almeno la maggior parte degli articoli stilati dal Lombardi.
Successivamente riordinai in cartelle anche tutte le sue carte.
Durante quel lavoro di spoglio mi venne alle mani il discorso che Lombardi fece di fronte alla bara del Comm. Morando Stefani il 15 febbraio 1962, giorno delle sue esequie. A Don Piero chiesi il permesso di poterlo fotocopiare e oggi, a cinquant’anni di distanza dal suo pronunciamento, lo pubblichiamo in omaggio alla memoria di Morando Stefani, la cui salma, prima dell’ultimo viaggio, Mons. Lombardi volle fosse portata in Duomo, all’interno del capolavoro di tutta la sua vita.
15 FEBBRAIO 1962 – IN MEMORIA DEL COMM. MORANDO STEFANI OPERAIO DEL DUOMO DI BARGA – Discorso di Mons. Lino Lombardi di fronte alla bara nel Duomo di Barga.
 Prima che la salma del compianto Comm. Morando Stefani fosse portata all’ultima dimora, ho voluto che essa sostasse nel Duomo; quel Duomo che al Defunto fu sempre al di sopra di ogni altro pensiero ed al quale per lunghi anni dedicò ogni sua migliore attività.
Prima che la salma del compianto Comm. Morando Stefani fosse portata all’ultima dimora, ho voluto che essa sostasse nel Duomo; quel Duomo che al Defunto fu sempre al di sopra di ogni altro pensiero ed al quale per lunghi anni dedicò ogni sua migliore attività.
Egli volle che questo Tempio che riassumeva la religiosità barghigiana attraverso i secoli non andasse, in un tempo più o meno lungo, alla rovina e ab imis fundamentis non solo avesse un completo restauro ma anche, dove fosse possibile, fare il ripristino alle antiche forme.
Ed io ho potuto seguire la sua opera e non c’è pietra o sistemazione che egli non abbia strettamente sorvegliata di persona; mai egli ogni giorno mancava di salire quassù. Ma che dire di un’altra sorveglianza e di un’altra attività a distanza? Roma, Firenze, Pisa, ovunque poteva esservi autorità od elemento capace ai fini del Duomo?
E nonostante il suo carattere di eccezionale esuberanza qualche volta non mi ha nascosto le sue preoccupazioni! Ed in fondo ci arrivò e Barga gli deve esser grata e per la Casa di Dio resa veramente decorosa per Maestà Divina e per aver salvato da un’immancabile rovina un gioiello d’arte che tutti ammirano.
Potrei dire ancora; ma il Tempio è di per sé stesso eloquente.
Non spetta poi a me dire del campo civico: scuole, strade, igiene, piantagioni, il patrimonio boschivo etc. Però nel mio campo rientra il suo interessamento per il Conservatorio.
Il vecchio Educandato era ormai agli estremi; ma egli seppe rinvigorirlo. Convenienti restauri, direzione delle Suore Giuseppine, sistemazione delle Scuole Magistrali fecero sì che il Conservatorio rifiorisse come ognuno può constatare e per la stima che gode nel campo educativo e per le numerose alunne. Non solo, è stato l’avviamento per la creazione di un importante centro scolastico a Barga.
Ed a proposito del Conservatorio mi piace ricordare un episodio che indicava il suo attaccamento all’Istituto.
Nella grave e confusa congiuntura del 1944 al Comm. Stefani fu dato l’incarico di Commissario dell’Istituto.
Ebbene, nei giorni della tragedia barghigiana (il periodo della Linea Gotica, n.d.r.) ogni giorno non mancò al suo appuntamento all’Istituto e vi era anche nel pomeriggio del 27 dicembre quando le bombe aeree colpirono il Conservatorio ed egli fu travolto nella rovina rimanendo miracolosamente illeso, con lievi escoriazioni.
Ho voluto citare questo episodio per indicare come egli sapesse assumersi le responsabilità.
Tra pochi istanti dunque la salma del Comm. Stefani uscirà da questa chiesa a lui veramente diletta.
Per lui si è innalzata la preghiera invocante la divina misericordia: “Non intres in iudicio cum servo tuo Domine”; che il Tuo giudizio sia benigno!
Difetti, manchevolezze? Certo; e chi non ne ha specialmente se ha vissuto con gli uomini e specialmente nella vita pubblica di un ritmo intenso; e per questo eleviamo a Dio il pio suffragio per il Defunto invocando la divina misericordia.
D’altra parte è il Signore che proprio in questo caso mette sulle nostre labbra un’invocazione veramente consolante.
“Domine, dilexi decorem domus tuae et locum habitationis gloriae tuae; ne perdas cum impiis Deus animam mea!”.
 O Signore, egli ha tanto amato il decoro della tua Casa; quella casa in cui rifulge la Tua gloria! Che l’anima sua sia resa degna di gioire nella Tua Casa Celeste!
O Signore, egli ha tanto amato il decoro della tua Casa; quella casa in cui rifulge la Tua gloria! Che l’anima sua sia resa degna di gioire nella Tua Casa Celeste!
Si sente parlare in questi giorni, di commemorare ufficialmente l’opera del “Podestà” Morando Stefani per il suo impegno nella ristrutturazione del Duomo di Barga, fortemente lesionato dal terribile terremoto del 1920.
Seppur quell’opera fu meritoria (ma chi doveva promuoverla se non il “Podestà”;in quei tempi vero signore e padrone assoluto del territorio?)non vedo alcun motivo di commemorazione.Non bisogna infatti dimenticare quante nefandezze sono state perpetrate dal regime che lui,con la sua carica rappresentava.Morando Stefani in quanto “Podestà” di Barga si è reso complice di misfatti quali le aborrite LEGGI RAZZIALI, arresti e deportazioni per semplici REATI POLITICI, guerre d’occupazione coloniali ed infine la disastrosa guerra a fianco di Hitler.Posso comprendere come l’autorità religiose a quei tempi si dimostrassero così accondiscendenti con tali “Operai del Duomo”, oggi troverei completamente fuori luogo qualsiasi coinvolgimento del Clero locale. Un’opera meritoria non cancella purtroppo le mille e mille colpe di quel triste regime e di chi ne fece attivamente parte.
Con l’aria di “revisionismo storico” che sta circolando in Italia e in Europa, trovo a mio sommesso parere,quanto mai inopportune tali iniziative. Spero pertanto in un ripensamento che sarebbe quanto mai benvenuto.
Laura Marchetti
Nonostante fosse podesta e percio fascista non ho mai sentito parlar male di Morando Stefani. Il revisionismo storico che si sta vivendo in europa spaventa molto i cari compagni perche’ mette in evedenza crimini commessi dai comunisti. Basta leggere i libri di Panza per farci aprire gli occhi. Si i fascisti e nazisti hanno commesso crimini inimmaginabili ma dall altra parte perche’ per piu di 60 anni si e’ negata l esistenza del massacro delle foibe? In russia sono morti in milioni in campi di concentramento ma si fa finta di nulla, i partigiani sono veramente eroi?
E’ un po’ pretenzioso sondare e giudicare la storia, soprattutto la storia della Resistenza, basandosi sul sentito dire o parlar male o bene degli attori e degli eventi che la popolano. Ma è appunto con questa boria approssimativa di certuni giornalisti e politici che il revisionismo più sudicio ed iniquo vuole infangare la memoria e l’eredità del movimento di opposizione al nazifascismo in Italia ed in Europa.
La retorica revisionista poi si mischia pure ad un accanito livore anticomunista, prova del fatto che il vero fine di queste noiose abitudini reazionarie altro non sia che il voler gettare discredito su chi ancora crede che le tradizioni del socialismo libertario e del cooperativismo abbiano ancora qualcosa da insegnare alle generazioni di oggi, soprattutto in un contesto odierno dove la spoliticizzazione dei rapporti e la deresponsabilizzazione dell’individuo la fanno da padrone.
Nessun vuole negare le atrocità inimmaginabili che i regimi stalinisti dell’est europeo e dell’Urss hanno perpetuato nei confronti di milioni persone. Tantomeno nessun vuole negare le enormi e gravi responsabilità del PCI in occasione dell’invasione dell’Ungheria (1956) e della cosiddetta “normalizzazione” della Cecoslovacchia (1968): tutti, dico tutti i dirigenti dell’allora Partito comunista italiano di allora plaudirono ai carri armati del Patto di Varsavia e condannarono i movimenti che premevano per un socialismo dal volto umano (solo il gruppo de “il manifesto” si schierò con i manifestanti).
Detto questo, non vedo perché si debba equiparare le atrocità dello stalinismo con il sacrificio di tutti gli uomini e le donne che hanno dato le loro vite per la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazi-fascista. Più provo ad addentrarmi in questo paragone più in esso non posso che leggere quel rudimentale sfoggio di retorica anticomunista a cui oggi siamo oramai abituati (il “pericolo comunista” sempre tenuto in alto quando non si sa quello che dire per nascondere le malefatte del libero mercato: Berlusconi docet).
Se “eroe” è colui che arrischia la propria vita senza necessità personali ma solo per rispondere ai valori in cui crede e per cui combatte, allora sì, la storia dei partigiani d’Italia (cattolici, comunisti, azionisti, socialisti) è una storia di eroi, che hanno combattuto e che sono morti per la libertà di ognuno, compresa, ahimè, anche la libertà dei loro denigratori, la cui flatulente spocchia appesta ancora oggi la loro importante memoria.
un motto latino per tutti dovrebbe far riflettere sig. Turrioni “De Mortuis nisi bonum”, dei morti non se ne può che parlare bene. ferma restando la sua mancanza di Pietas nel senso virgiliano appena citato, vorrei farle presente che il Morando Stefani viene tutt’oggi ricordato come uno dei cittadini più insigni ed illustri che Barga abbia avuto, una figura degna e generosa che ha dato e ha saputo dare lustro a questa terra. ricordando che Barga sotto l’amministrazione di Morando Stefani è stata un’isola felice sotto la dittatura fascista, non vanno taciute le opere buone che questa figura ha fatto, indipendentemente dalle ideologie e dal credo politico. trovo solo dell’acredine nelle sue parole, sig. Turrioni, acredine che fa solo pensare a faziosità e arroganza politica e non al rispetto verso una figura che in un periodo di ombre ha saputo portare luce alla nostra amata cittadina. inoltre vorrei ricordare che, se non erro, Morando Stefani fu podestà di Barga fino al 1937, di conseguenza anche le sue accuse sono, oltre ad un forzoso accostamento volendo lei parlare di corni per violini, anche un falso storico. le leggi razziali furono emanate quando ormai lo Stefani non svolgeva più alcuna carica politica, così come il patto di acciaio e le vili deportazioni. mi sembra ingiusto accostare un personaggio la cui coerenza di vita è stata legata alle sorti del bene di un piccolo paese, con la totalità di una situazione storica internazionale. con il suo metro di giudizio e di ragionamento si finirebbe come nella Cambogia di Pol Pot, sig. Turrioni, dove bastava avere gli occhiali per essere considerati pericolosi intellettuali e finire uccisi dagli Khmer Rossi.
Come volevasi dimostrare. Alla fine lo spauracchio del socialismo reale salta sempre fuori: uno non fa a tempo a richiamare l’attenzione sull’evidente intempestività del ricordo di una figura altamente compromessa col regime fascista, che subito scatta la detestabile pratica volta a sminuirne la ferma e critica posizione, paragonandola per giunta ad un’assiomatica connivenza col terrore rosso. A quanto pare è una pratica irresistibile. E appunto, come ho già scritto, lo si fa quando non si sa qual che dire.
Sta di fatto che il pensiero della sig.ra Marchetti è ancora valido, e ancora più legittimo di prima, proprio alla luce degli ultimi interventi.
Non è con le romanticherie con le quali si accosta il podestà fascista Stefani al prode Enea (soggetto della pietas virgiliana tirata in ballo) che si possono cancellare le pesanti eredità politiche che si imprimono nelle effettive responsabilità delle persone; altresì fuorviante è poi il messaggio qui sostenuto con il quale si tenta di lustrare la figura pubblica dello Stefani guardando al suo essere parte integrante dello Stato etico fascista come mero ed insignificante carattere accessorio, e non come elemento centrale e fondante (dunque esecrabile e a buon diritto criticabile).
Il Comm. Stefani sarà pure stato “insigne ed illustre”, certo: un insigne ed illustre fascista. L’Operaio del Duomo Stefani sarà pure stato “degno e generoso”, come no: degno e generoso fascista.
Il sig. Stefani infine sarà anche stato “coerente”, sicuro: coerentemente fascista.
Il tentativo poi di giustificare cronologicamente l’estraneità del Nostro alla promulgazione delle leggi razziali del ’38 non credo apporti un utile contributo alla difesa d’ufficio apparecchiata, per due motivi: 1) il Lombardi, come descritto su giornaledibarganews, fu podestà dal ’29 al ’38;
2) anche qualora il Lombardi fosse decaduto antecedentemente a questa data, la sostanza e l’apporto del suo operato rimangono indelebilmente inscritti nella dolorosa storia della dittatura fascista.
Insomma: le vittime della storia, gli ebrei, i dissidenti politici, gli omosessuali, le minoranze religiose, i soldati italiani (700.000) morti nei campi di concentramento nazisti certo non hanno ricevuto tutta quella “pietas virgiliana” di cui ora si fa tanta richiesta per chi invece ha contribuito, volente o nolente, alla loro distruzione.
I fascisti, seppur di provincia, rimangono pur sempre fascisti.
Scusandomi per il lapsus linguae, dove scrivo Lombardi in realtà mi riferisco chiaramente allo Stefani.
Tutti avete le vostre ragioni e fate bene ad esprimerle, però devo dire che non si è valutato il messaggio che racchiude il mio sforzo di appassionato ricercatore di storia locale, cioè quello di ricordare l’impegno di un uomo per il suo Paese, nel caso, per un monumento che è tra gli orgogli e vanto di tutta la Valle da Lucca sino alla foce Carpinelli.
Quindi l’uomo si è reso meritorio di un ricordo e, sia chi sia, ha acquisito merito alla luce di chi è interessato alla nostra storia, all’arte in genere e tutto quanto ne consegue, perché credo sia semplicemente così.
Non è poi vero che in qualsiasi condizione politica una persona possa raggiungere l’onnipotenza, perché da soli non si farà mai niente d’importante.
Comunque, al di là di come uno la pensi a questo riguardo, lo Stefani fece una scelta, tra l’altro non di così facile esecuzione al suo tempo.
Certamente se Morando Stefani non avesse deciso di spendersi e realizzare opere in favore di Barga che ancora oggi si ricordano, tra le quali emerge il restauro del Duomo, forse, la sua persona non avrebbe interessato più di tanto i ricercatori.
Non fu facile però realizzarle quelle opere. Per il Duomo fa fede quanto narra la storia al suo ingresso nell’Opera nel 1923.
Infatti, il monumento, dopo i rattoppi a seguito del terremoto del 1920, giaceva sul colle in uno stato preoccupante. Morando Stefani, come Operaio, all’ingresso nell’incarico decise la spesa da farsi per una perizia tecnica, i cui risultati, allarmanti, fecero decidere la chiusura della chiesa.
Da qui l’inizio della storia dei restauri.
In ogni tempo, chi assurge alle cariche amministrative, se si distingue per importanti scelte decise in favore della sua comunità o di una più ampia società – cose o persone – e le persegue magari per tutta la vita anche senza raggiungere la méta, se poi raggiunte vedremo che hanno un valore oltre il suo tempo, senz’altro e comunque sarà degno di un ricordo.
Questa è la mia convinzione, il resto non interessa il mio lavoro, perché esula completamente dai suoi intendimenti, eventualmente e personalmente già chiariti.
Desidero solo fare un rilievo attinente alla biografia di Morando Stefani.
Morando Stefani fu sindaco nel 1923, poi podestà sino agli anni 1935-36, dopo fu nominato commissario prefettizio di Barga. Un differente incarico rispetto a podestà! Cioè, da ora l’operato di Morando Stefani è sotto sorveglianza del prefetto?
Il 29 gennaio del 1938, adducendo motivi personali, in Comune c’è la consegna da parte di Morando Stefani del commissariato di Barga nelle mani del Vice Prefetto di Lucca, Sestini comm. Dott. Francesco, il quale lo tenne sino al maggio 1938. In quel mese fu nominato commissario prefettizio il barghigiano Emilio Nardini.
Con questo mio intervento desidero far presente che il ricercatore, lo scrittore di storia locale e l’uomo Pier Giuliano Cecchi non condivide ogni strumentalizzazione politica nata o che nascerà a seguito dei suoi articoli storici su Morando Stefani.
Caro Gianmarco,
negli anni 1943,44 e 1945 moltissimi italiani (ed erano liberali, popolari, repubblicani, socialisti e comunisti)
hanno combattuto a fianco degli Alleati per regalare a noi la Repubblica in cui viviamo e una delle più belle Costituzioni del mondo. Poi ci sono stati molti altri italiani che hanno combattuto affinchè l’Italia restasse nel buio del regime nazifascista.Questo è un punto fermo che non deve essere dimenticato mai!
Nella mia critica di ieri alle ventilate commemorazioni, questo era il senso del discorso e mi spiace che nella tua replica non sia entrato nel merito delle cose ma hai parlato di altri fatti che seppure tragici e inconfutabili non avevano nessuna attinenza con l’argomento in questione.La nostra Storia è quella che è, con i suoi vincitori e con i suoi vinti con i suoi orrori e le sue grandezze; dobbiamo prenderne atto serenamente e cercare di regalare un futuro migliore alle generazioni che verranno.
Un caro saluto
Laura Marchetti
Inorridisco a leggere quanto sopra.
Se tutto deve essere buttato sempre e solo in politica mi conferma quello che penso da sempre: sono un marziano.
Esistono giusti a destra, a sinistra e al centro.
Ed esistono, e sono molti di più, imbecilli a destra, sinistra e al centro.
Si pensano buone cose da parte di tutti gli schieramenti, ma non si riesce a portarle avanti perchè gli imbecilli hanno le loro istanze più importanti ed urgenti…
Purtroppo si notano di più gli imbecilli, perchè parlano tanto e appaiono in pubblico.
Dei giusti restano le opere, se riesce loro di portarle avanti spesso nel silenzio se non nell’ostilità più o meno generale o nella derisione.
Io non so se Morando Stefani fosse un giusto o un imbecille. Le opere che lui (o il popolo di Barga guidato da lui…, forse e meglio…) ha portato a termine sono però visibili. I capipolo non sono poi così male, se operano per il bene del popolo.
Certo, se li misuriamo con il criterio dei (presunti) capipopolo di oggi… beh, auguri!
sig. Salvoni, pensavo di avere fatto un discorso chiaro e semplice, ma evidentemente o lei lo ha personalmente riletto in malafede o ha un concetto molto elastico della sintassi italiana, visto che il mio discorso non aveva valenza politica alcuna, se non quella di ricordare una figura che certamente ha fatto molto per Barga e salvarla da facili qualunquismi e strumentazioni a mio giudizio inappropriate e fuori luogo. il concetto di “Pietas” che lei ha ripreso con leggerezza, ritenendo che io lo avessi riferito al Comm. Stefani, era da considerarsi come valenza dei princìpi che una persona viva dovrebbe avere nei riguardi non solo di chi è ormai morto, ma anche nei confronti del sostrato sociale per potersi considerare a pieno titolo “vir” anzichè semplice “homo”, e mi dispiace che non sia stato compreso nella piena valenza, arrivando addirittura a scomodare Enea, che non ha alcuna attinenza con il discorso. non è stata fatta alcuna romanticheria, ma da parte mia è stato valutato il ricordo e l’operato di una persona che tanto si è spesa per Barga e la cui eredità è ben visibile agli occhi dell’intera comunità, tranne ai più ciechi ideologicamente. quanto al resto, non ho alcuna intenzione di scusare le gravi atrocità nazifasciste, ma non posso certo per questo accettare le stragi ed i massacri che sono stati compiuti dall’ideologia comunista. la storia non è fatta di filosofia ed elucubrazioni sterili, di ragionamenti sul sesso degli angeli come nella Bisanzio della decadenza, ma è fatta di fatti veri reali ed innegabili, ben documentati e sui quali si può ragionare, discutere, ma non si può fare finta che non esistano. non si può accusare gratuitamente una persona che si è spesa con dedizione al servizio di una cittadina, come se con la sua opera fosse responsabile di nefandezze indicibili.
trovo incongruente e di poco spessore il volere condannare gli interventi sovietici dettati dalla “linea Breznev” per poi criticare il mio riferimento a Pol Pot, riferimento che peraltro ben calzava le posizioni fin troppo drastiche esposte dal sig. Turrioni nel suo primo commento. è proprio vero che i cecoslovacchi capirono che il mondo era rotondo quando, dopo avere cacciato gli imperialisti ad ovest nel 1945, li videro rientrare da est nel 1968. le speculazioni e le disquisizioni servono ai vivi, ma i morti non hanno alcun colore e meritano il rispetto loro dovuto in ogni momento sopratutto quando alla prova dei fatti hanno dato atto di avere fatto tutto ciò che potevano per il bene degli altri.
Compagni aprite gli occhi, pensate prima di giudicare, lo Stefani come ricorda Giacomo ha fatto si che Barga fosse un isola felice durante il fascismo, ha compiuto molte opere come la ristrutturazione del duomo ma purtroppo i cari compagni sono solo buoni a ricordarlo come un fascista che non merita nulla perche’ complice delle loro idee sanguinarie e razziste. Chi bisogna ricordare allora a Barga? Mio nonno anche lui ha fatto molto per Barga ma forse perche’ amico dello Stefani verra ricordato solo come amico dei fascisti? Caro Salvoni esci dal guscio nel quale vivi dove vedi solo rosso e che tutto il resto e’ negativo, durante tutte le guerre vengono commessi crimini atroci sia dalla parte dei vinti che dalla parte dei vincitori. I comunisti hanno commesso crimini non inferiori a quelli fascisti ma si fa finta di nulla e si cerca di non accettare il revisionismo storico
Nota per Giuliano Cecchi: Giuliano, vai avanti e lascia perdere un dibattito che non ha senso. Figurati se l’Italia non dovesse essere orgogliosa di aver dato i natali a Leonardo da Vinci che, pure, pare fosse un pedofilo.
Tu parli di storia e fai bene, ti ammiro.
Chi volesse parlare di politica ne ha abbastanza per giudicare i vivi senza scomodare i morti, o no?
Amen.
Solitamente non entro in dibattiti online. Li trovo asettici e non vedendo le persone negli occhi si travisano i commenti.
In ogni caso entro in quetso per dirvi che paradossalmente avete tutti ragione e tutti torto. Infatti ognuno di voi ha espresso piccole parti di verità e piccole menzogne compiendo un gesto di democratica e paritaria espressione. E qui vengo al punto.
Da una parte credo che l’argomento trattato dovrebbe essere oggetto di incontro e confronto serio. La domanda è semplice: può aver potuto un podesta fascista legato ad un regime totalitario, alleato dei nazisti, promulgatore delle leggi sulla razza, far bene a Barga e alla sua popolazione?
Dall’altra invece sono ben lieto di leggere i vostri commenti e osservare le vostre opposte posizioni. Mi piace anche il tono e la pacatezza delle riflessioni. Questa è lezione di democrazia che ci possiamo permettere solo perché qualcuno dal 1943 disse “basta”. Ora senza toccare Budapest, Praga credo che l’argomento tocchi solo Barga e domando: può aver potuto un podesta fascista legato ad un regime totalitario, alleato dei nazisti, promulgatore delle leggi sulla razza, far bene a Barga e alla sua popolazione?
Ora però, si esagera. Che si riduca la connivenza di un personaggio integrato col regime nazi-fascista (dunque con i rastrellamenti, le deportazioni, gli stupri, gli omicidi di massa) ad una questione di tarallucci e vino, non è comprensibile, e soprattutto non è accettabile: omaggi con prodotti locali alle mogli dei potenti? Barga, bucolica villeggiatura per i potenti romani?
Oh, MA STIAMO SCHERZANDO???? Perché se è uno scherzo, certo è di pessimo, rivoltante gusto.
Questo “scherzoso” (spero) oltrepassamento di ogni minima decenza umana mi ha fatto però riflettere.
Oggi, con i miei inesperti 24 anni, non nutrirei nessun dubbio sul dover scegliere un’eredità valoriale e politica da accogliere e fare mia; ma è una riflessione che non necessita di grandi sforzi, proprio per il difforme spessore e valore delle alternative; alla fine, cioè, bisogna decidersi: se conservare la memoria di chi omaggia i dittatori o di chi li combatte fino sacrificare la propria vita per la libertà di noi tutti.
Ognuno faccia la sua scelta. Io la mia l’ho fatta.
Mi taccio.
Non mi piace dover intervenire una seconda volta ma, forse, è bene chiarire una cosa: ogni uomo lascia dietro di se il ricordo di ciò che ha fatto e ciò che rimane sono i fatti più che le idee o i sentimenti. La storia si occupa di far pesare più una cosa o l’altra per cui può pesare più il bene o il male. Io ricordo, per averlo conosciuto da ragazzo, un Morando Stefani benvoluto dalla sua gente tanto che mi pareva che avesse approfittato della sua carica più per essere d’aiuto ai barghigiani che al regime. La fama di Barga come luogo di villeggiatura per molti “potenti ” romani rimase a lungo nel tempo grazie a lui del quale si raccontava che era solito omaggiare le mogli dei potenti con prodotti locali per ottenere favori per Barga. Soprattutto ricordo la sua modestia e la sua serenità interiore. Non si sentiva un “ex” potente né gli interessava essere ossequiato. Sul campanello della sua casa c’era scritto “pulsate et aperiretur vobis” e, per quanto ne so, nessuno è stato mai cacciato da quella porta. Era un uomo buono ( e vorrei essere smentito se non lo era ) anche se era il podestà. Aveva, forse, le sue idee ma non ho mai sentito dire che le abbia fatte prevalere sul bene di uno dei suoi concittadini. Era stimato da mio padre che, pure, non era certamente fascista. Questo per portare un po’ di luce ad un dibattito che giudico sciocco.Adesso viene commemorato l’uomo che ci ha restituito il Duomo, non il Podestà. Questo è tutto.
Non sono daccordo e questo non è tutto!
“La fama di Barga come luogo di villeggiatura per molti “potenti ” romani rimase a lungo nel tempo grazie a lui del quale si raccontava che era solito omaggiare le mogli dei potenti con prodotti locali per ottenere favori per Barga.”
Mha!!!
Meglio ascoltare un pò di musica:
“La storia siamo noi, nessuno si senta offeso,
siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare,
questo rumore che rompe il silenzio,
questo silenzio così duro da masticare.
E poi ti dicono “Tutti sono uguali,
tutti rubano alla stessa maniera”.
Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera.
Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone,
la storia entra dentro le stanze, le brucia,
la storia dà torto e dà ragione.
La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere,
siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere.
E poi la gente, (perchè è la gente che fa la storia)
quando si tratta di scegliere e di andare,
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
che sanno benissimo cosa fare.
Quelli che hanno letto milioni di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare,
ed è per questo che la storia dà i brividi,
perchè nessuno la può fermare.
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
siamo noi, bella ciao, che partiamo.
La storia non ha nascondigli,
la storia non passa la mano.
La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano.”
Francesco De Gregori
Album: Schacchi e Tarocchi
Buona serata a tutti gli animi sensibili.
Stiamo scomodando troppo altri soggetti (De Gregori in primis… mi sembra che voglia dire proprio che la storia è scritta da ciò che resta e non dalle pagine dei libri, ma forse ho capito male io il perchè della citazione…)
La storia la scrivono i vincenti e questo è certo.
La storia la fanno gli uomini che si rimboccano le maniche, altrettanto certo, anche se non sempre viene detto.
Ma non è possibile, e Costantino lo ha detto a chiare lettere nel primo intervento, giudicare le persone sulla base del contesto storico in cui hanno operato.
Facessimo così vorrebbe dire che TUTTI coloro che nel ventennio hanno ricoperto cariche pubbliche sono da rogo solo per fare un piccolo esempio, ma potrei continuare per ogni epoca storica.
Evitiamo di cadere nelle classificazioni per cui tutto ciò che è di un genere o di un’idea è sbagliato
(piccola sottolineatura: non mi sono mai impegnato direttamente in politica proprio perchè non sarei capace di stare ad ordini di partito – giusto il nostro sbagliato il loro…)
Lo ripeto, un uomo si giudica da ciò che lascia dietro di sè: chi ha lasciato opere visibili, chi ha lasciato segni indelebili, buoni o cattivi che siano.
Dal frutto si riconosce l’albero, dalle opere l’animo dell’uomo, che fosse fascista comunista o che altro.
Altrimenti, giustamente sottolineato, smettiamo di celebrare il Genio pedofilo e gay. Ma anche artisti famosi fumati e cannati a bestia, di cui giusto in questi giorni sono state tessute lodi da tutti gli organi di informazione.
Avessimo oggi dei sindaci che diventano operai per la loro comunità, nel senso vero del termine!
Avessimo oggi una classe dirigente che si sporca le mani, magari anche compromettendosi col regime.
Ad evitare fraintenimenti non sono un uomo di destra, non sono un uomo di sinistra…. neppure di centro: sono mio e basta, se proprio volete un’etichetta apolide sarebbe il termine giusto (che poi è sbagliato, più corretto sarebbe cittadino del mondo)
Mi spiace, sono completamente in disaccordo.
“… non sono un uomo di destra, non sono un uomo di sinistra… neppure di centro: sono mio e basta…”.
Sarebbe troppo facile!
Se non siamo “niente”, meglio non dire niente!
Con simpatia e senza offesa per nessuno, ma ritengo che la vita sia fatta di posizioni assunte responsabilmente e coerentemente, poi, in fondo, ognuno raccoglierà quello che ha seminato.
Giusto. Ma la non appartenenza (politica…) è una posizione.
Io sono libero.
Libero di approvare o disapprovare quanto proposto da chiunque se mi sta bene.
Libero di non avere ordini.
Libero di non rispettare gli ordini di partito.
Libero di dire quello che penso.
E, come conseguenza di questa libertà, sono di destra, di sinistra, anarchico o di centro a seconda di cosa penso, dico e faccio.
Sfido chiunque tra chi mi conosce a darmi una classificazione.
E lo sfido anche a dire se nelle situazioni più diverse ho preso o meno posizioni responsabili e coerenti; a volte anche contro tutti, anche contro i miei interessi.
Non appartenere a ideologie (politiche…di questo stiamo parlando) non significa non assumere posizioni; non significa neppure non fare politica, anzi!
Questi sono gli uomini che vorrei a dirigere il nostro paese: uomini liberi di agire per il bene del loro popolo, con idee di destra, centro o sinistra a seconda della bontà delle stesse.
Provate a farlo, in un qualsiasi partito politico italiano, e vedete come vi ritrovate.
Ecco, per quello che ho potuto conoscere del signore in questione (dai libri… lui è morto quando io nascevo…) mi sono fatto l’idea di un uomo che operava per il bene della sua gente.
Questo è quanto basta per me: non importa se fosse fascista, comunista, socialdemocratico, onesto o delinquente.
Se operava per il bene della sua gente era sicuramente una persona da ricordare.
A proposito.
Altra differenze tra me (libero) e molti altri che qua scrivono (forse meno liberi): io dico chi sono, mi faccio riconoscere. Apertamente, perchè da uomo libero non ho paura delle mie idee!
Brutta storia questa compendiosità pseudo-illuminista che si sbroda dell’autentico valore della propria libertà di contro ai “molti altri” ritenuti meno liberi.
Non mi piace. Ma tant’è.
Leggiamo Gramsci, altro martire mandato a “fare vacanza” al confino (ricordate?):
“L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E’ la fatalità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi che operano, quanto all’indifferenza, all’assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell’ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un’epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell’ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch’io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.”
(A. Gramsci, La città futura. Scritti 1917-1918, Einaudi).
Bene, credo che la discussione debba terminare prima che si debba concludere che, forse, è stato più gramsciano il podestà di tanti che si sciacquano la bocca con una maldigerita cultura ( di destra, sinistra, etc ) ed in realtà sono indifferenti a tutto eccetto che alla propria vanità. Non mi pare serio stare a giudicare un Morando Stefani quando ( e mi pare di averlo siggerito ) non vedo dibattiti sul fatto che Barga sia diventata negli ultimi anni un paese fantasma, un paese dove i telefoni vanno in tilt per una scossa di terremoto, dove saltano le centraline del gas, dove chiudono i negozi e nessuno si chiede perché, per non parlare dell’ospedale. A che serve la cultura in un paese che è schiavo della propria indifferenza, che ha padroni che lo lasciano morire, che permette che gli uomini di diverso colore possano morire di fame e freddo, che qualcuno possa morire per una sanità inefficiente? Ditemi come si vivrà a Barga quando chiuderanno gli alimentari del Mazzolini e del Caproni. Il resto è poesia per non dire schiavitù morale della propria vanità di una cultura che non serve a nulla, Guccini compreso.
E’ la seconda volta che qualcuno ritiene di chiudere la “discussione”. Le discussioni sono sempre utili e soprattutto adesso in questo particolare periodo storico pieno di cambiamenti convulsi, pieno di svolte. E’ ovvio che, spesso, le “discussioni” prendono spunto da un argomento, per poi proseguire calcando nuovi orizzonti. Forse come in questo caso ma, forse, è anche questo il bello della “democrazia”. Pretendere poi di chiudere l’argomento cavalcando facili luoghi comuni come – i telefoni che vanno in tilt dopo il terremoto, le centraline del gas che saltano, i negozi e l’ospedale che chiudono e gli uomini di colore che muoiono di fame – francamente non mi pare molto “intelligente”. Di questo si dice correntemente, fare del facile populismo fine a sè stesso.
Sempre con simpatia.
Georgeby(e). Non è intelligente voler dare giudizi di intelligenza. Hai ragione tu su tutto. By(e), George.