Rischio sismico per la nostra terra. Il presente articolo non vuole assolutamente creare allarmismo, lo diciamo subito. Sappiamo, e lo sappiamo da tempo, che la nostra zona è ad alto rischio sismico e che da anni si dice che le zone colpite da forti terremoti storicamente possono registrare il verificarsi di nuovi eventi di forte intensità.
Che sia adesso, tra un mese, tra un anno o tra cent’anni nessuno lo sa e nessuno può prevederlo con esattezza come ci ha detto poco tempo fa anche l’esperto arch. Maurizio Ferrini (articolo qui): quindi è inutile preoccuparsi più di tanto. Con questo dobbiamo convivere. L’unica cosa che possiamo fare è attrezzarci per rendere i nostri edifici, sia pubblici che privati, più sicuri. Di questo riparleremo nei prossimi giorni con alcuni consigli sul cosa fare.
Detto questo vogliamo però analizzare un comunicato stampa pubblicato sul sito del Dipartimento di Protezione Civile in data 5 giugno a titolo “Protezione civile: nota sulla Commissione Grandi Rischi” dove si evince che la commissione nazionale non esclude che la Garfagnana e la Lunigiana possano vedere la riattivazione di alcune grandi strutture del sottosuolo che storicamente hanno generato forti terremoti. Il comunicato, che si riferisce all’esame degli eventi sismici che colpirono il veronese, reggiano e parmense nel gennaio scorso, e ad una riunione avvenuta il 28 gennaio, prevedeva in generale il proseguo di una intensa attività simica nell’area del Nord Italia; una previsione che purtroppo ha avuto conferma negli eventi disastrosi del 20 e 29 maggio in Emilia.
Prima di pubblicare il testo due parole sulle foto che accompagnano questo servizio. Sono state scattate nella zona di S. Possidonio, in Emilia, da Loris D’Alfonso del Nucleo di Protezione Civile di Capannori e Porcari dell’Associazione Nazionale Carabinieri chiamata a svolgere opera di volontariato. Lo ringraziamo di questi scatti che testimoniano la situazione in Emilia Romagna ed i danni subiti dagli edifici.
Detto questo, ecco il testo:
In riferimento ad alcune richieste degli organi di stampa di avere informazioni sugli esiti della riunione del 28 gennaio della Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi – Settore Rischio Sismico (convocata, su richiesta del Capo Dipartimento, prima dell’insediamento ufficiale, avvenuto il 14 marzo, per esaminare i tre eventi sismici del 25 e 27 gennaio nel veronese, reggiano e parmense, di magnitudo 4.2, 4.9 e 5.4), si ritiene utile fornire i seguenti elementi.
Nel comunicato trasmesso dal Presidente della Commissione al Capo Dipartimento il 7 febbraio, la Commissione Grandi Rischi – Settore Rischio Sismico sottolinea un significativo aumento di attività negli 8 mesi precedenti che ha interessato i margini settentrionale (pre-Alpino), meridionale (Appenninico, Ligure) e occidentale (Piemonte) della placca adriatica. Quest’area geologica comprende le province di Asti e Alessandria, limitatamente Milano e Monza, e poi Pavia, Cremona, Bergamo, Brescia, Mantova, Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Ravenna, Verona, Vicenza, Treviso, fino a Massa Carrara e Lucca: si tratta della quasi totalità delle aree sismiche del Nord Italia se si esclude il Friuli Venezia Giulia.
Inoltre, la Commissione specifica che sulla base delle conoscenze attuali non ci sono indicazioni che questa attività si riduca nel prossimo futuro, che potrebbe continuare su un vasto territorio, in buona parte profonda, e che certi eventi potrebbero divenire più superficiali. In particolare, la Commissione si focalizza sulla possibile riattivazione di alcune delle grandi strutture che storicamente hanno generato forti terremoti, come Garfagnana e Lunigiana.
Stante la vastità dell’area attenzionata e le rilevanti osservazioni formulate in merito alla possibile riattivazione delle grandi strutture appenniniche quali Garfagnana e Lunigiana, il Capo Dipartimento, in data 14 febbraio, ha richiesto al Presidente della Commissione Grandi Rischi di riconvocare il Settore Rischio Sismico per un ulteriore approfondimento in modo da avere un quadro il più completo possibile per poter informare correttamente le amministrazioni competenti in materia di protezione civile sul territorio. Gli esiti di tale approfondimenti, ancora in corso, saranno forniti prossimamente al Capo Dipartimento.
Infine, in riferimento alle attività raccomandate dalla Commissione grandi rischi nell’ultima parte del suo comunicato trovano perfetta rispondenza con quanto già attuato nella continua azione di prevenzione messa in atto dal Dipartimento della protezione civile su tutto il territorio nazionale, in particolare attraverso:
1) L’azione di monitoraggio delle verifiche sismiche degli edifici e delle opere infrastrutturali strategiche e rilevanti esistenti, rese obbligatorie dall’OPCM 3274/2003;
2) La sensibilizzazione della popolazione alle problematiche dei rischi, e più in particolare del rischio sismico, svolta attraverso sistematiche campagne informative, manifestazioni, fino alle attività svolte dal volontariato in raccordo con la comunità scientifica (per esempio, la campagna nazionale sulla riduzione del rischio sismico, “Terremoto – Io non rischio”);
3) L’attuazione del piano nazionale di prevenzione sismica, attivato con l’art. 11 della Legge 77 del 2009, con lo stanziamento di 965 milioni di euro dal 2010 al 2016, che prevede il finanziamento delle opere di rafforzamento degli edifici pubblici strategici e degli edifici privati, nonché della microzonazione sismica, con una rigorosa ripartizione del fondo tra le regioni;
4) La preparazione di modelli di intervento in caso di emergenze nazionali, con la verifica attraverso le esercitazioni svolte a diversi livelli, ultime delle quali quelle effettuate in Garfagnana (esercitazione TEREX alla fine del 2010) e in Calabria (fine 2011), cui si aggiunge quella prevista in Basilicata entro la fine dell’anno;
5) La redazione di manuali di progettazione e linee guida, anche in collaborazione con i centri di competenza, distribuite gratuitamente attraverso il WEB, tra le quali quelle riguardanti la messa in sicurezza degli elementi non strutturali e degli impianti, ed il rafforzamento degli elementi strutturali”.
Lo abbiamo detto in apertura e lo ripetiamo. Non è comunque il caso di allarmarsi. Questo veniva pubblicato il 5 giugno, mentre il 7 giugno veniva infatti emesso un nuovo comunicato, dopo un’analisi più attenta dei fenomeni in corso in Emilia e dove si evince una previsione più cauta almeno per le nostre zone. Ecco il testo integrale:
Commissione Grandi Rischi – Settore Rischio Sismico
Comunicato di sintesi del 7 Giugno 2012
La Commissione Grandi Rischi – Settore Rischio Sismico si è riunita in tre occasioni nel 2012 per analizzare le problematiche della pericolosità e rischio sismico nell’area della Pianura Padana, con l’audizione dei maggiori esperti nazionali. Le analisi e conclusioni della Commissione sull’analisi della sequenza in corso in Emilia e sulla sua possibile evoluzione sono state inviate il 7 Giugno al Capo del Dipartimento di Protezione Civile e sono qui sintetizzate.
La sequenza sismica emiliana iniziata il 20 maggio ha attivato il fronte esterno dell’Appennino tra Ferrara e Mirandola, su una lunghezza di oltre 45 km. Il primo evento con magnitudo 5.9 ha coinvolto la porzione centrale, tra Finale Emilia e San Felice sul Panaro; l’evento del 29 maggio con magnitudo 5.8 ha rotto la faglia a Ovest di San Felice sul Panaro verso Mirandola, mentre la porzione a Est di Finale Emilia verso Ferrara ha registrato in questa sequenza eventi con magnitudo fino a 5.1.
Non esistono a tutt’oggi metodi scientifici attendibili di previsione dei terremoti nel breve periodo. Tuttavia la conoscenza del sottosuolo (le “faglie”) e gli eventi che si sono succeduti dal 20 maggio in poi permettono di formulare alcuni orientamenti per l’evoluzione futura.
La Commissione ha fornito le seguenti interpretazioni sugli elementi principali della possibile evoluzione dei fenomeni sismici in corso:
– nei segmenti centrale e occidentale della struttura che hanno già registrato gli eventi di maggiori dimensioni – tra Finale Emilia e Mirandola – le scosse di assestamento stanno decrescendo in numero e dimensione;
– nel caso di una ripresa dell’attività sismica nell’area già interessata dalla sequenza in corso, è significativa la probabilità che si attivi il segmento compreso tra Finale Emilia e Ferrara con eventi paragonabili ai maggiori eventi registrati nella sequenza;
– non si può altresì escludere l’eventualità che, pur con minore probabilità, l’attività sismica si estenda in aree limitrofe a quella già attivata sino ad ora.
La sequenza in Emilia ha sollevato interrogativi nell’opinione pubblica sull’adeguatezza della mappa di pericolosità sismica usata per la normativa antisismica (Ordinanza PCM 3519/2006).
La Commissione nota che alla zona colpita dai recenti sismi era stata assegnata una magnitudo massima attesa di 6.2, e che i valori registrati dello scuotimento del terreno sono compatibili con i valori della mappa; a tutt’oggi non ci sono pertanto elementi per concludere che la sequenza sismica emiliana si collochi al di fuori della normativa vigente.
Nel commentare l’estensione e la tipologia dei danni osservati, la Commissione nota che la maggior parte del patrimonio edilizio è stato costruito prima dell’aggiornamento della classificazione sismica avviato con l’ordinanza della Protezione civile OPCM 3274 del 2003.
La migliore strategia per una efficace azione di prevenzione consiste in azioni mirate alla riduzione della vulnerabilità del patrimonio edilizio.
Ecco: azioni mirate per la riduzione della vulnerabilità del patrimonio edilizio. Su questo tutti noi dovremo fare comunque e sicuramente un pensierino.
Come siamo messi dalle nostre parti? Qual è la situazione? Per i vecchi edifici che si può fare e quelli nuovi sono stati realizzati come si deve? Ne parleremo nei prossimi giorni con un’intervista all’assessore alla protezione Civile, Pietro Onesti.