Fu una bella giornata quel 27 luglio 1952. In quella luminosa mattina di sessant’anni fa, infatti, avveniva nella Caserma di Coreglia Antelminelli la consegna della Bandiera.
Un vero e proprio evento con una straordinaria partecipazione di popolo che fu seguito dal cronista Galliano Vanni che scrisse un intenso articolo che fu pubblicato su “La voce di Coreglia” del 10 agosto 1952 allegato al settimanale cattolico l’Esare Nuovo.
Il prefetto dottor Laura arrivò alle 9,30 accompagnato dal vice questore e dal maggiore dei Carabinieri Gayano mentre, il Capo della Provincia, arrivato di buon mattino, ammirava la grande conca verde incorniciata dagli alti gioghi dell’Appennino e delle Apuane “si rallegrò e confessò di godere l’aria purissima della montagna”.
Il corteo era aperto dalla Filarmonica seguiva l’onorevole Loris Biagioni, l’assessore del comune di Lucca l’ingegnere Ezecchiele Guidi (in rappresentanza del sindaco) il comandante del circolo della Guardia di Finanza tenente colonnello Rotundo, il generale Uva e il colonnello Cappelli. “Avevano aderito- scriveva Vanni- con lettere e telegrammi i diversi parlamentari della provincia e altre autorità. Alle 10 il corteo si muoveva verso la piazza del Comune”.
Lì, sul palco, aprì la cerimonia il proposto don Giuseppe Pellegrini che mise “in rilievo il duplice significato religioso e civile ed esaltando la coesione dell’unanime consenso del paese con l’eroismo dell’Arma benemerita, tutrice in ogni tempo e luogo della sicurezza e del benessere della Patria”.
Don Pellegrini procedette, poi, alla benedizione della Bandiera sorretta dalla madrina Vilma Petri, moglie del maresciallo comandate della stazione. Oratore ufficiale della giornata non poteva che non essere l’Onorevole Biagioni.
“Riassumere- scriveva ancora Vanni- anche in breve il suo discorso, che non ebbe nulla di formale e ufficiale, non è possibile”. Combattente egli parlò “cuore a cuore” con chi aveva combattuto non solo nelle trincee, nei campi di battaglia e concentramento, ma comprendendo mamme e padri di famiglia, bambini e gente d’ogni età e condizione che nelle case bombardate e distrutte nei boschi e per le montagne non avevano avuto minori sofferenze e dopo aver ricordato “i cimenti eroici dei carabinieri”, richiamando il dovere di tutti a riconoscere la loro “continua e strenua difesa della Patria” Biagioni, commosso, “in mezzo alla commozione di tutti” volgendosi a uno stuolo di bambini che aveva di fronte invocò, occhi al cielo, la misericordia di Dio che qualora ci fossero stati ancora nella Patria martoriata “sacrifici e sofferenze” ricadessero su chi già aveva sofferto e non sulla “generazione di domani”. Altri sentimenti, altri politici.
Il maggiore dei carabinieri Gayano, ringraziando il Prefetto, riassunse i compiti e le benemerenze dell’Arma.
Alla fine del discorso il corteo si riformava per proseguire verso la Piazza del Monumento ai Caduti dove veniva deposta una corona d’alloro e poi verso la stazione dei carabinieri dove “tra gli applausi della folla” veniva issata la bandiera al suono dell’Inno nazionale. Dicono che prima di salire in macchina il prefetto si sia complimentato per la “bella e significativa cerimonia così perfettamente riuscita”.