“Ombre e fumetti – Fotografare il confine tra Storie e Memorie”
Mostra fotografica di Valter Sambucini a Lucca in occasione della manifestazione Comics & Games del 2012 Dal 29 ottobre al 4 novembre 2012 Porticato Agorà – piazza dei Servi – Lucca – Con il Patrocinio del Comune di Lucca ed il Patrocinio dell’Associazione Amici delle Terme di Bagni di Lucca
Testo critico di Barbara Martusciello – Soggetto delle fotografie; gli eroi di strada delle Nuvole Parlanti a Lucca Comics & Games e le celebrazioni di Halloween a Borgo a Mozzano.
Queste foto di Valter Sambucini sono state fatte, dal 28 ottobre al 1 novembre 2911, nelle splendide giornate di sole di Lucca Comics & Games del 2011, un evento considerato il maggior Festival italiano di settore e tra i primi in Europa. E’ da rimarcare il fatto che la crescente pubblicazione di Romanzi grafici in Italia ha raggiunto livelli mediatici assai alti. C’è da dire che dal celebre libro di Umberto Eco Apocalittici e integrati (1964) molto è cambiato, ma l’essenza dell’indagine non ha perso il suo valore, anzi… Sembra si sia aperta una vera competizione tra parola scritta ed immagine, tra sfumature e sensi nella triade linguistica di significato, significante ed immaginario (con tutte le contaminazioni psico-linguistiche e sociologiche degli esseri) che qui trova il suo luogo espositivo più vivace, nonché il suo cantiere … Negli stessi giorni, e soprattutto nella notte del 31 ottobre, invece a Borgo a Mozzano si svolge la manifestazione di Halloweeen, in
una ideale prosecuzione dei travestimenti e delle narrazioni dei Comics.
Le foto di Valter Sambucini ne colgono gli aspetti più esorcizzanti.
Halloween celebration si svolge così ogni anno a Borgo a Mozzano (fin dal 1993) prima località italiana a dare ampio spazio ai festeggiamenti dell’antica ricorrenza di origine e tradizione celtica. Il suo successo è sancito dall’accorrere di una folla notevole proveniente da gran parte d’Italia ed anche da fuori. Da uno dei tanti siti in tema sul web, si legge l’attuale stima massimale di 45.000 anime presenti in una notte sola.
In realtà in Italia la festa dei morti sembra sia stata istituita da Papa Bonifacio IV nel 610 e che venisse festeggiata il 13 maggio, insieme a quella di tutti i santi.
La data in calendario al 1° novembre risale invece all’VIII secolo, ad opera di Papa Gregorio II. Questa scelta aveva lo scopo di contrastare le radicate tradizioni del mondo celtico che, nella stessa data, commemoravano secondo l’anno druidico la festa di Samhain (o Samain) letteralmente “tutte le anime” fine dell’anno ed inizio del nuovo. Gli antichi Celti non temevano i propri morti e lasciavano per loro del cibo sulla tavola in segno di accoglienza per quanti facessero visita ai vivi, un’usanza sopravvissuta anche in alcune regioni dell’Italia settentrionale, in parte della Puglia e Basilicata. Fu poi la massiccia migrazione irlandese del XIX secolo a portare la festa negli Stati Uniti e quindi a radicarsi nelle moderne tradizioni, ma è dalla Toscana, nella valle del Serchio, che si ri-parte, qui dove non mancano testimonianze di impronte celtiche sul territorio.
Nelle foto di Valter Sambucini si esalta tutto questo “sapore” di riconquista di una propria identità tradizionalmente contadina, terrestre, pagana e decisamente da Maledetti toscani, condita con atti di esibizione estrema dovuti a vere e proprie sceneggiature teatrali di sapore moderno e cinematografico, come il “Passaggio del Terrore” (per i più coraggiosi) dove circa duecento persone prendono parte all’allestimento e oltre centocinquanta sono gli attori e i tecnici che ci lavorano. Il pubblico viene immesso in un tunnel dove vari scenari si susseguono, a contatto quasi fisico con le emozioni e gli avvenimenti interni, seguendo un percorso obbligato che si snoda attraverso stanze costruiti ad hoc, adeguatamente corredati con scenografie, luci, musiche ed effetti speciali, nonché animato da attori in carne ed ossa che interpreteranno strani e orribili personaggi, molto sangue ed atmosfera infernale. Il tutto per assottigliare il più possibile quell’intercapedine divenuta osmotica tra realtà e finzione, per farsi trasportare in un immaginario universo parallelo, fortunatamente fittizio, ma minacciosamente concreto.
L’aspetto interessante della ricerca fotografica portata avanti da Valter Sambucini è stata quella di cogliere soprattutto l’aspetto di festa popolare, l’atteggiamento creativo e di improvvisazione ironica, partecipativa, anche con la sottesa pulsione di morte che serpeggia nella nostra male-educata civiltà, adeguatamente passata sotto filtro della simbolizzazione.
Ma per una lettura più puntuale sul linguaggio fotografico dell’artista seguiamo il testo critico di Barbara Martusciello:
– “Non esiste la fotografia artistica. Nella fotografia esistono, come in tutte le cose, delle persone che sanno vedere e altre che non sanno nemmeno guardare.”. Questo sosteneva il francese Gaspard-Félix Tournachon, ovvero Nadar, dall’alto della sua postazione, ed all’interno di questa valutazione possiamo inserire la Fotografia di Valter Sambucini. Se è vero che l’Arte ha usato il linguaggio fotografico per palesarsi e che possiamo, a ragione, includere un’enormità di istantanee nel campo “dell’artistico”, Nadar aveva in mente una produzione per immagini ben precisa, ritenendo che la Fotografia, come “azione immediata” – per dirla alla Henri Cartier-Bresson – fermasse semplicemente l’attimo senza troppa “meditazione” e mediazione, e riconsegnasse il qui e ora – per quanto esemplare, irripetibile e psicologico – del soggetto immortalato e del suo stare nel mondo. Questo si rileva anche nelle raffigurazioni del nostro più attuale autore di Ombre e Fumetti: esse ci danno uno spaccato affascinante di tradizioni carnascialesche, di parate di travestitismi da Halloween e di moderne pratiche cosplay. Ogni riquadro fissa i personaggi di queste mascherate allegre ed è particolarmente interessante perché analizza quasi antropologicamente una scena ma, allo stesso tempo, funziona anche per se stesso. Incornicia e mette a fuoco il gusto surreale e vagamente contraddittorio che porta fuori dall’ordinario l’eccezionale: la festa. Questa è indagata dallo sguardo privilegiato del fotografo che riesce a rimetterla nella prospettiva della quotidianità, ovvero scoprendo in essa i tanti spazi da cui inevitabilmente filtra la normalità; la necessità da parte di una ragazza di aver con sé la sua borsa, anche impersonando un’eroina dei fumetti, le faccione casarecce di due ragazzi solo occasionalmente cupi, il sorriso franco e puro di una ragazzina in panni dark non suoi, l’appetito che fa mangiare la pizza ad uno spettro che si svela assai poco sovraumano…L’horror e la morte – sotto le spoglie di fantasmi, zombie e simili – si sovrappongono, con tutto il loro portato catartico, al camuffamento più lieve e giocoso e tradiscono la consuetudine attraverso affreschi contemporanei dalla semplicità quasi disarmante; ma sì, del resto “la fotografia è una cosa semplice. A condizione di avere qualcosa da dire”, sosteneva Mario Giacomelli. Di cose da dire Valter Sambucini sembra averne parecchie, nel suo lavoro che qui restituisce un reportage schietto su un universo complesso e concretissimo, seppur celato intenzionalmente saltuariamente dietro maschere, trucco e parrucca, costumi fantasiosi…Citazione per citazione, immagine per immagine, non si prescinde dall’autenticità: “Si può mentire con le fotografie. Si può persino dire la verità, quanto ciò sia estremamente difficile. Il luogo comune vuole che la fotografia sia specchio del mondo”, ha detto Ferdinando Scianna, e anche noi, come lui, crediamo che occorra capovolgere questa visione, e vale anche per Valter Sambucini, perché è piuttosto il mondo ad essere “lo specchio del fotografo.” –