É cominciato domenica il Carnevale di Viareggio, manifestazione nota a livello mondiale grazie ai giganti di cartapesta realizzati dai sapienti carristi. Cogliamo l’occasione per raccontarvi la storia di un bel progetto che ha legato il nostro paese all’Albania e ha coinvolto un giovane e promettente ragazzo, Lorenzo Paoli, che lo scorso hanno ha partecipato a Garfagnana Chair Art.
Cartapesta come dialogo, come ponte tra culture tanto vicine quanto diverse. È questo lo scopo del progetto che intende portare la tecnica della cartapesta in Albania promosso e sostenuto dal Cospe di Firenze, un’associazione privata, laica e senza scopo di lucro che, fin dalla sua nascita, nel 1983, opera nel sud del mondo, in Italia e in Europa per il dialogo interculturale, lo sviluppo equo e sostenibile, i diritti umani, la pace e la giustizia tra i popoli.
L’associazione, oggi, è impegnata nella realizzazione di oltre 100 progetti in circa 30 paesi nel mondo. Uno di questi si è svolto a settembre a Scutari dove sono stati formati 10 “animatori” tutti di età compresa tra i 20 e i 30 anni, addetti successivamente alla divulgazione della tecnica nei villaggi della Zadrima.
Per tale impresa ci voleva la persona giusta e Giorgio Menchini, responsabile del progetto, l’ha trovata in Lorenzo Paoli, classe 1989. Un ragazzo che ricorda, vagamente, un ombra della sera di giacomettiana memoria, con grandi occhi verdi come il mare del molo in cui ormeggiavano i velieri della “sua” Viareggio dove è nato e vive.
Lorenzo, da un punto di vista meramente fisico ed estetico, dimostra molti meno anni di quello che ha ma quando lo senti parlare e lavorare ti accorgi che in realtà ne ha molti di più di quelli scritti all’anagrafe. Contrastano con il suo volto da ragazzino e la sua figura sfuggente le sue mani che sono quelle di un antico artigiano.
Da anni porta avanti corsi di formazione sulla cartapesta per le scuole elementari versiliesi e proprio lì Menchini lo ha conosciuto e non ha avuto dubbio: era lui la persona giusta. Gli ha avanzato la proposta. Sul momento Lorenzo è rimasto a dir poco stupito: “mi aveva lasciato senza parole, avevo molti preconcetti su quei luoghi.
Poi quando ha iniziato a parlarmi del progetto e di quelle terre il suo entusiasmo mi ha coinvolto e ho deciso di partire”. E così via: a insegnare a chi dovrà insegnare a sua volta. Una settimana. Dal 21 al 28 settembre; a Zadrima, una provincia a sud di Scutari una delle più povere e arretrate dell’Albania. Scutari è la città più importante del nord e si affaccia sul grande lago di Scutari che confina col Montenegro.
Scutari è la culla della cultura albanese, considerata la “Firenze dei Balcani”.
“In realtà- confessa Lorenzo- la presenza di cultura e forme artistiche è sembrata veramente modesta. Una terra dalle caratteristiche paesaggistiche affascinanti. Dalla rocca Rozafat di origini illiriche a Scutari c’è una vista panoramica mozzafiato, le Alpi albanesi, il fiume Drin e l’immenso lago di Scutari. Gli anni del regime (1944-1990) hanno impedito la divulgazione di qualsiasi forma d’arte. Oggi nonostante siano passati ventidue anni l’arte a mio parere non è riuscita ad affermarsi in Albania. Ho visto soltanto alcune sculture monumentali di bronzo, di media fattura e una serie di pittori naif”.
Per tutta la permanenza è stato affiancato dalla direttrice del gruppo Cospe di Scutari Rozeta Gradeci figlia di Sulo Gradeci ex ministro degli interni del regime di Enver Hoxha. “Una persona plurilaureata, veramente molto colta, che conosce ogni evento della controversa storia albanese”.
C’era lei quando è arrivato all’aeroporto di Tirana al tramonto di una giornata molto calda, un minibus lo ha portato, insieme ad altre 7 persone (mandati dal Cospe a sensibilizzare le scuole sulla raccolta dei rifiuti), fino a Scutari a 100 chilometri più a nord.
“La prima impressione- ricorda- è stata ovviamente di un paese molto povero. Una grande strada statale collega Scutari a Tirana, su questa strada ad alta percorrenza ci siamo imbattuti in calessi, mucche, bambini a piedi, motorini con conducente regolarmente senza casco ed un drammatico incidente mortale che sinceramente non è stato un buon invito. Le pianure che abbiamo attraversato sono cosparse di casette senza un preciso progetto urbanistico e dall’inconfondibile gusto kitsch. La sera a Scutari ho assaggiato i piatti tipici delle cucina scutarina, e ho avuto i miei primi contatti con la popolazione albanese”.
Non c’è voluto molto all’occhio attento di Lorenzo a capire che per l’Albania la nostra terra è ancora quella “del Mulino Bianco”, “Lamerica” del bellissimo film di Gianni Amelio. “Italia sta ad America come Albania sta a Italia” dice in un singolare, ma efficace paragone.
“Il gusto, la moda, la musica, la televisione e la cucina sono tutti di ispirazione italiana, tra le strade il suono degli stadi italiani che proviene dai televisori è mescolato alle canzoni di Celentano o Albano. Una grande passione per il belpaese quindi, ma soprattutto dei suoi eccessi e del suo lato “briatoriano”.
La cosa che, invece, lo ha colpito positivamente è stata “la pacifica convivenza di tre religione non solo all’interno della nazione ma anche nel giro di pochi metri. Alle 7 di sera il canto del muezzin, si mescolava al suono delle campane cattoliche e a quello delle campane ortodosse. I tre luoghi di culto distano cinque minuti a piedi l’uno dall’altro. Un popolo diviso ideologicamente, ma che ricerca una identità comune e si abbraccia calorosamente intorno alla bandiera brandita dall’acclamato eroe nazionale Giorgio Castriota Scanderbeg”.
Il giorno dopo subito la prima lezione. L’impatto non è stato certo semplice. “Avevo vari timori- confessa- che non mi capissero, che non fossero interessati. Invece è stato tutto il contrario. Ho trovato tutti i ragazzi interessati. Veramente tutti. Non mi era mai successo in Italia dove in ogni classe c’è sempre qualche persona visibilmente disinteressata. Il problema della lingua non si è posto perché i ragazzi parlavano benissimo l’italiano. E dopo nemmeno un ora tutti i miei preconcetti erano svaniti”.
Lorenzo ha insegnato- nelle varie sedi Cospe di Scutari- la tecnica della carta a calco viareggina, comunemente conosciuta come cartapesta.
“Il corso è servito a dare le basi per la realizzazione di maschere in cartapesta. La modellazione in creta, lo stampo di gesso e le tirature in carta di giornale. Ho scelto di far produrre delle maschere ad altorilievo, per i più fantasiosi ho dato foglio bianco, per gli altri avevo proposto dei modelli da copiare”. Una delle preoccupazioni di Lorenzo era che “nessuno di loro avesse mai toccato prima di allora l’argilla”, ma la sorpresa è stata molta: “dopo una mezzora tutti sapevano già rapportarsi con la creta e, anche se in maniera spesso ingenua, avevano già abbozzato le loro maschere. In tutta la settimana sono state prodotte 20 maschere in cartapesta e 35 stampi di gesso”.
Un cammino però non privo di difficoltà: “il rapporto con la tecnica della carta a calco è stato molto faticoso per molti di loro, che pur venendo dal lavoro nei campi, si stupivano della concentrazione e della costanza che tale tecnica necessita. Alcuni momenti di tensione, dovuti anche alle differenze culturali e religiose degli studenti, sfociavano sempre in un buon gioco di squadra”.
Nel gruppo Lorenzo ha saputo trovare nei ragazzi le varie peculiarità: “alcuni più estrosi hanno scoperto un talento nascosto nel modellare l’argilla, altri più attenti e precisi hanno appreso perfettamente tutti i passaggi e i dosaggi dei materiali, altri ancora si sono rivelati buoni pittori”. Terminato il corso gli animatori da poche settimane stanno andando nelle scuole dei villaggi della Zadrima ad insegnare la cartapesta. Una tecnica artistica povera, alla portata di tutti e soprattutto ecologica e di riciclo.
Anche se, in realtà, questo laboratorio non è stato molto economico. “In Albania- infatti, spiega- non hanno una grande editoria di quotidiani come da noi. E l’acquisto del quotidiano non è un rito molto diffuso. Per questo i giornali vecchi vengono venduti, a prezzo stracciato ma vengono comunque venduti. Il gesso alabastrino è solo ed esclusivamente di importazione italiana. Anche i colori sono di importazione italiana, quindi molto costosi. Altro motivo per cui l’arte non è molto diffusa credo che sia anche per i costi ingenti dei materiali”.
Nonostante le difficoltà economiche i risultati però si sono visti subito: gli animatori sono stati contattati dal presidente del carnevale scuterino per realizzare delle maschere per la festa della città, che fino ad oggi utilizza maschere di plastica di produzione industriale spesso made in china.
“Inoltre, ho visto tramite Facebook che hanno allestito un piccolo laboratorio per la cartapesta. Sono molto contento. Tra qualche mese tornerò a trovarli per fare il punto della situazione. Ora, sono venuti a Viareggio, per aiutare i carristi nella lavorazione dei carri. Un’altra occasione di formazione e crescita”.
Ora, però, è tempo delle riflessioni. “È stata- conclude- un’esperienza molto interessante che mi ha permesso di conoscere un posto, che quasi sicuramente non avrei visitato nei panni di turista. Inoltre mi sono fatto un parere personale su questo popolo, che viene visto spesso in maniera ostile. Gli albanesi sono persone molto cordiali e affettuose che hanno l’ospitalità come parola d’ordine. Spero che il mio minuscolo contributo possa insegnare a questo popolo che non esiste solo il bronzo, il marmo e i colori ad olio per parlare di arte. Ma centinaia di materiali di recupero e comunque “poveri” possono essere mezzo di espressione e di creatività”.