La tramontana fischiava infilandosi nei vicoli – barganews.com v 3.0

La tramontana fischiava infilandosi nei vicoli

Il fumo e l’odore della legna bruciata si spandevano sopra la salita, fra le case, sopra l’albero dalle bacche rosse cresciuto fra il portone e il muro del cortile.

E la tramontana fischiava infilandosi nei vicoli, nelle basse finestre aperte della soffitta, Le persone con le teste abbassate nei colli dei cappotti vanno in fretta, ma “Brrr che tramontana!” “Hai visto che cavallone oggi?”

È il punto di attenzione all’altro. È il filo che lega nella comunione di appartenenza al luogo.
Con la sua tramontana, con il suo cavallone, la sua geografia pedemontana.

Il duomo reso solitario dalla tramontana che lo avvolge da tutti i lati e spazza il piazzale. Quell’odore di legna è casa, è dolcezza un po nostalgica. Come lo scrosciare dell’acqua dalla canala rotta proprio accanto alla finestra della mia camera la notte, il correre delle carrucole dei fili per i panni della vicina del piano di sopra, sotto le sferzate della tramontana.

E la solidità della grande casa, delle sue pareti spesse fra altri muri spessi. E se anche la luce va via è così nota che la si può percorrere al buio, per quanto grande.

Il gorgoglio dell’acqua che dalle discese arriva a fiotti e s’ingolfa intorno alle fogne, scende lungo la via che porta al Fosso disegnando fronti orlati che si susseguono. Attraversa e riprende a scendere lungo il Ponte Vecchio.

La grande casa è cambiata, anche nella sua struttura, nei più di cento anni in cui la mia famiglia l’ha abitata. Si è adattata ai tempi nuovi, alle nuove spose che giungevano e alle loro aspettative.

Prima ha perso il susseguirsi delle grandi stanze che portavano l’una all’altra, per una nuova idea della privacy. Poi ha perso la grande cucina con il camino, le pareti annerite; quindi i mattoni del lungo corridoio su cui pure riuscivamo a pattinare, 1o e mia sorella.

Ha aggiunto una nuova ala, ha modificato le cantine dalle volte altissime e dal fondo in terra battuta, adatta per mantenere il vino.

Ma in più di cento anni la sua peculiarità resta quella dell’eterno non finito, dove oggetti e documenti di ogni tipo e provenienza si accumulano.

La casa che anche la mia nipotina più piccola aveva il timore di perdere quando piccina, allontanandosi di poco, si volgeva a chiedere se era ancora Barga o quando di fronte ai mobili della cucina cambiati chiedeva “Ma è ancora «a casa della nonna”?

Giuseppina Nardini – Barga (dicembre 2006)