Barga : Community, Culture & Continuity - barganews

Barga : Community, Culture & Continuity

Un Viaggio a Barga, Italia: Comunità, Cultura e Continuità
Pubblicato il 09/12/2025 su Scholar Travel Stipend di Mattie Isaac

All’inizio di luglio del 2025, mia nonna, mia madre e io siamo partite per visitare un’amica di famiglia a Barga, una piccola città medievale incastonata tra le colline della Toscana, a circa un’ora da Pisa. Dopo oltre un’ora di curve e tornanti di montagna, siamo salite ancora più in alto su lisce lastre di pietra, attraversando vicoli stretti e alti edifici color tramonto fino a raggiungere la nostra casa per la settimana.

La combinazione tra antico e moderno — incisioni religiose millenarie sui muri accanto a moderne auto elettriche — dava a Barga la sensazione di vivere in un tempo sospeso. Sebbene di dimensioni modeste, la città offriva qualcosa di profondamente toccante: un crocevia vivente tra passato e presente, tradizione locale e influenza globale, quiete e innovazione. In contrasto con il ritmo frenetico di Washington D.C., Barga mi immerse in uno stile di vita fondato sulla riflessione e sulle relazioni.

Durante la mia settimana di permanenza, ho scoperto che Barga è molto più di una destinazione pittoresca. È un esempio vivo di sincretismo culturale e comunità intenzionale. Un vero e proprio scrigno del tempo, dove le vie medievali ospitano mostre d’arte, prosperano tradizioni scozzesi-italiane e antichi rituali come le sagre continuano a nutrire corpo e spirito. Come famiglia afroamericana in una città prevalentemente bianca e rurale, ci distingueva il colore della pelle, ma non ci siamo mai sentite fuori posto. La comunità, l’ospitalità e i valori condivisi hanno colmato ogni distanza.

Il mio viaggio ha reso tangibili le missioni del Milken Institute e della Milken Family Foundation: promuovere il benessere mentale e culturale, incoraggiare l’apprendimento esperienziale e sostenere comunità sostenibili e connesse. A Barga ho sperimentato come storia, arte e vita consapevole possano favorire comunità più compassionevoli e resilienti.

Uno dei tratti distintivi della vita rurale italiana è la sagra — una festa popolare dedicata al cibo, spesso legata ai raccolti, ai santi patroni o alla storia locale. A Barga, le sagre si tengono comunemente da luglio a settembre. Ma una sagra è più di una semplice festa gastronomica: è una forma di “imprenditoria del patrimonio” in cui il cibo assume un valore sociale ed economico all’interno della comunità . Gli studiosi Elia Anscione e Christopher Fink, nel loro articolo del 2021 sulle sagre umbre, sostengono che queste feste colmano il divario tra le tradizioni alimentari del passato e del presente, favorendo lo scambio intergenerazionale e contrastando la marginalizzazione delle aree rurali.

La sagra a cui ho partecipato con la mia famiglia incarnava perfettamente questa idea di “imprenditoria del patrimonio”: ristoranti gestiti dalle stesse famiglie da generazioni e piatti preparati con ingredienti locali — in particolare pistacchi, carne e latticini. Sedute a lunghe tavolate all’aperto, sotto le stelle, tra sconosciuti che presto diventavano vicini, ho riconosciuto un valore culturale familiare: la gioia della condivisione. Proprio come nella cucina afroamericana, anche i piatti delle sagre raccontavano storie di resilienza e creatività. Le specialità della Garfagnana — la regione storica e geografica della Toscana che include Barga — affondano le radici in epoche di difficoltà economica, quando si cucinava con ciò che si aveva a disposizione. La cucina povera è oggi celebrata per la sua sostenibilità. Allo stesso modo, piatti afroamericani come le collard greens con ossa di prosciutto raccontano una storia di sopravvivenza e adattamento.

Come nelle sagre italiane, anche nelle riunioni familiari afroamericane il cibo è solo una parte dell’esperienza: ciò che conta davvero è la trasmissione di storie, saperi e identità.

In un mondo sempre più digitale e isolante, la sagra mi ha ricordato l’importanza di spazi comunitari reali per il benessere emotivo e mentale. Questo tipo di apprendimento sensoriale e immersivo mi ha anche insegnato il valore dell’educazione esperienziale e interculturale. A Barga la tradizione non era un reperto da museo, ma qualcosa di vivo, che ci accoglieva pienamente.

La sagra rappresentava anche un altro aspetto essenziale di Barga: il sincretismo culturale. Spesso definita “la città più scozzese d’Italia”, Barga è segnata da una lunga storia di migrazione e ritorno. Come racconta la BBC, il legame risale ai primi del Novecento, quando molti barghigiani emigrarono in Scozia in cerca di lavoro, fondando comunità italiane solide a Glasgow ed Edimburgo. Molti tornarono poi con doppia cittadinanza, figli bilingui e tradizioni miste che oggi definiscono la vita culturale della città. Un simbolo evidente di questo legame è la cabina telefonica rossa — un tocco scozzese nel cuore di Barga Vecchia.

Oltre ai molti barghigiani con radici scozzesi, incontrammo anche diversi scozzesi che trascorrono regolarmente le vacanze o la pensione qui. Oggi l’inglese compare accanto all’italiano su menù e insegne. Da oltre quarant’anni, Barga ospita ogni estate la Sagra del Pesce e Patate, in omaggio a questa connessione . Nonostante non abbia potuto assistere alla festa, ho gustato una cena al ristorante Giro di Boa, fondato da una coppia italo-scozzese, che ogni gennaio celebra la Burns Night in onore del poeta nazionale scozzese Robert Burns.

Barga dimostra che la migrazione non porta necessariamente alla perdita culturale, ma può generare nuove forme di creatività. Questa identità doppia non cancella il carattere italiano della città — lo arricchisce. Tale capacità di adattamento culturale è la chiave per comunità resilienti e sostenibili in un mondo sempre più globalizzato. A Barga, passato e presente convivono, e parlano con un accento scozzese-italiano.

Il cibo non era l’unico ambito in cui tradizione e innovazione si incontravano. Una delle esperienze più stimolanti fu la visita alla mostra Mano e Macchina nel Duomo di Barga, parte del progetto Digital Stone Project. Allestita accanto alla cattedrale secolare, presentava sculture contemporanee in marmo realizzate da studenti internazionali che avevano partecipato a una residenza estiva a Gramolazzo, antico centro di lavorazione del marmo ora divenuto polo di innovazione digitale. Le opere, dal surreale all’astratto, esploravano l’incontro tra il lavoro manuale e le nuove tecnologie come la modellazione 3D e l’intaglio robotico. Era emozionante vedere giovani artisti unire materiali e tecniche antiche con la sperimentazione tecnologica moderna.

Viaggiare come famiglia afroamericana in spazi prevalentemente bianchi è sempre un’esperienza particolare. Spesso sembrava che il nostro arrivo fosse preceduto dalla notizia della nostra presenza, eppure raramente ci siamo sentite isolate. Più spesso, siamo state accolte con calore, attraverso pasti condivisi, conversazioni sincere e autentica apertura. Che fosse battendo le mani al ritmo della musica dal vivo durante una sagra o chiacchierando con un artista dopo la mostra, ho visto con i miei occhi come valori umani come connessione, rispetto, ritualità e gioia possano superare qualsiasi barriera di lingua o nazionalità.

Quest’esperienza ha approfondito la mia comprensione di come l’immersione culturale e l’empatia possano costruire ponti tra le differenze. Non si trattava di “mimetizzarsi”, ma di essere presenti e aperti. Mi ha ricordato che le comunità autentiche non nascono sempre dalla somiglianza, ma spesso da valori condivisi e curiosità reciproca. Barga mi ha insegnato cosa significa vivere bene: onorare la tradizione abbracciando il cambiamento, nutrire se stessi e gli altri attraverso la connessione e restare radicati anche mentre si esplora il mondo.

Queste lezioni mi accompagneranno come studentessa, viaggiatrice e futura costruttrice di comunità.

A Journey Through Barga, Italy: Community, Culture & Continuity
Published 09/12/2025 in Scholar Travel Stipend by Mattie Isaac

In early July of 2025, my grandmother, mother, and I traveled to visit my mother’s friend in Barga, a small medieval town tucked into the hilly folds of Tuscany and an hour outside of Pisa. After over an hour of jolting twists and turns up a mountain, my family and I trekked further up sleek stone slabs, passing through narrow streets and towering sunset colour buildings to make it to our home for the next week.
The combination of old and new- thousand-year old religious carvings on the outside of buildings next to the newest electric cars- made Barga feel like it occupied a strange limbo of time. Though modest in size, Barga offered something deeply moving, a living intersection of past and present, local tradition and global influence, stillness and innovation. Compared to the hustle and bustle of my hometown of Washington, D.C., Barga immersed me in a mode of living rooted in reflection and relationships.

Over the course of my week-long visit, I discovered Barga is more than a picturesque destination. It is a thriving example of cultural syncretism and intentional community. It is a living time capsule, where medieval streets host art shows, Scottish-Italian traditions thrive, and centuries-old rituals like the sagra continue to nourish both body and soul. As a visibly Black family in a predominantly white rural town, my family stood out. Yet, we never felt unwelcome. Community, hospitality, and shared values bridged these gaps.

My journey brought to life the missions of both the Milken Institute and Milken Family Foundation: fostering mental and cultural well-being, encouraging experiential education, and promoting sustainable, connected communities. In Barga, I experienced firsthand how history, art, and intentional living can support more compassionate and resilient communities.

One of the hallmarks of rural Italian life is the sagra- a local food festival often tied to harvests, patron saints, or local history. While sagre may vary across Italian villages, in Barga, sagra are common in the summer time from July to September. Sagre are more than just food festivals- they are an example of “heritage entrepreneurship” where, among local communities, food gains social and economic weight. Moreover, in their 2021 article on sagre in Umbria, Italy, scholars Elia Anscione and Christopher Fink argue that sagre bridge the gap between past and present food traditions by fostering intergenerational exchange. They also play a vital role in helping rural and suburban Italian communities resist the sense of marginalisation that has come with losing prominence to urban centres.

The sagra my family and I attended in Barga embodied the idea of “heritage entrepreneurship,” showcasing restaurants run by the same families for generations and dishes made from local ingredients, especially pistachios, and meat and dairy products. Enjoying these late night outdoor dinners with strangers who eventually felt more like neighbours, I recognised a familiar cultural value: the joy of gathering. Similar to lots of cuisine in African American culture, dishes presented in nightly sagre were like historical artefacts with rich stories to tell. The distinctive culinary dishes of the Garfagnana region, the historical and geographic region within Tuscany that includes Barga, reflect past eras of economic hardship when villages like Barga made due with what was available. The cucina povera or kitchen of the poor has historical roots in rural peasant cooking but is now praised for its sustainability . Similarly, for the African American community, dishes like collard greens cooked with ham hocks also reflect surviving and making do with what was available. According to the National Museum of African American History and Culture, “enslaved African Americans stretched their allotments of food by growing greens and using scraps of meat to add flavour and nutrients”.

Moreover, like Italian sagre, many familial and communal gatherings in the African American community are about more than food. They are about fostering intergenerational connections, passing down stories and knowledge, and affirming our identity despite adversity.

In an increasingly digital and isolating world, the sagra reminded me of the importance of offline, intentional community spaces for emotional and mental well-being. Likewise, this immersive, sensory learning reminded me of the importance of experiential, cross cultural education. In Barga, tradition wasn’t something preserved behind glass. It was alive, and we were welcomed into it.

The sagra also encapsulated another important aspect of Barga- cultural syncretism. Barga is often referred to as the “most Scottish town in Italy,” a nickname that captures the town’s unique cultural identity shaped by generations of migration and return. According to BBC Travel, this connection dates back to the early 20th century, when many residents of Barga left for Scotland during periods of economic turmoil and industrial decline. Seeking opportunities abroad, they formed tight-knit Italian communities in Scottish cities like Glasgow and Edinburgh, and many of these communities still thrive today. Over time, families returned, bringing with them dual citizenship, bilingual children, and hybrid traditions that now define Barga’s cultural landscape.. One visible reflection of the Scottish-Barga connection I saw was a red telephone box, reminiscent of Scottish contemporary art, at a highly populated intersection in the town.

In addition to many local Barghigiani with Scottish roots, we encountered several Scotts who frequently vacation or have retired in Barga. Today, English appears alongside Italian on menus and signs. For over 40 years, Barga has hosted a beloved Fish & Chips Festival each summer, also known as the Sagra del Pesce e Patate, as a tribute to the connection . While I didn’t get to experience the Fish & Chips festival, I was pleased to enjoy a meal at Giro di Boa, a fish restaurant founded by a Scottish-Italian couple. Giro di Boa celebrates Robert Burns Night, a Scottish holiday dedicated to its national poet, each January with a full Burns Supper.

Barga demonstrates how migration can lead not to cultural loss, but to creative blending. This dual identity doesn’t erase the town’s Italian character; instead it enriches it. This kind of cultural adaptability is central to resilient, sustainable communities in an increasingly globalised world. In Barga, the past and present live side by side, and both speak in a lilting Scottish-Italian accent.

Food was not the only place where tradition and history met innovation and technology in Barga. One of my most thought-provoking experiences in Barga was visiting the Mano e Macchina (“Hand and Machine”) exhibition at the Duomo di Barga by the Digital Stone Project. Set next to the town’s centuries-old cathedral, the exhibit featured contemporary marble sculptures created by international students who had participated in a summer residency in Gramolazzo, an ancient center for marble production turned hub for digital innovation in stone carving 45 minutes outside of Barga (Residency). These sculptures, ranging from surreal to abstract, illustrate the intersection of traditional practices, such as using one’s hands, and newer practices of using machines via 3D modeling, scanning, and robotic carving. It was inspiring to see young artists engaging with centuries-old materials and methods while pushing the boundaries of what’s possible through innovation. All in all, the art exhibition mirrored a broader pattern I noticed in Barga; history, whether practices or traditions, was both preserved and adapted to reflect modern and global changes.

Traveling as a visibly Black family to predominantly white spaces is always an interesting experience. Oftentimes when we entered spaces, it felt as if news of our arrival had preceded us. Yet, I rarely felt ostracised. More often than not, we were embraced through shared meals, genuine conversation, and open-hearted community. Whether clapping along to live music at a sagra, or chatting with an artist after the Mano e Macchina exhibit, I saw firsthand how human values like connection, respect, ritual, and joy can transcend boundaries like language or nationality.

This experience deepened my understanding of how cultural immersion and empathy can bridge differences. It wasn’t about blending in; it was about being present and open-minded. It reminded me that meaningful community doesn’t always come from similarity. It often grows from shared values and mutual curiosity. Barga taught me what it means to live well: to honour tradition while embracing change, to nourish both self and others through connection, and to stay rooted even while exploring widely. These lessons will stay with me as a student, a traveler, and a future community-builder.