Continuerà fino ad aprile la collettiva Arti Differenti – nata da un progetto di Francesco Tomei, collaboratore per la stagione di prosa del comune di Barga e di Lucia Morelli e Nicola Salotti dell’associazione culturale Venti d’arte – un’iniziativa che si configura come una fucina sperimentale, dato che la mostra è allestita negli ambienti del teatro dei Differenti per mettere in comunicazione diverse forme di espressione e medium artistici.
L’intento è quello di far incontrare linguaggi espressivi diversi e di dar vita ad una nuova “agorà” per il pubblico del teatro, una piazza dove si possa fruire e discutere non solo lo spettacolo, ma anche di altre forme d’arte come la pittura, la scultura e la fotografia, l’arte digitale e la grafica.
Sono 15 gli artisti in mostra – alcuni già con una lunga esperienza alle spalle, altri emergenti – e da oggi, ogni settimana, ognuno di loro si racconterà attraverso questo spazio per parlare della propria storia e per far conoscere i presupposti della “sua” arte.
Prima che degli artisti però, la parola sarà di Arianna Ruggerone, giovane critica d’arte che ha ben descritto i motivi e gli intenti di Arti Differenti nell’incontro di presentazione: “Sarebbe bello se si potesse andare in un luogo dove il confronto tra le Arti non fosse erroneamente associato ad un confronto tra diverse mentalità, ma semplicemente un trovarsi in uno spazio dove poter fruire di esperienze differenti, ognuna con una sua storia, un suo bagaglio e un suo segno da lasciare”
Arianna Ruggerone, novarese, hai solo 23 anni, ma hai già conseguito una Laurea triennale in Progettazione e Gestione di Eventi di Arte e Spettacolo ed hai alle spalle diverse esperienze lavorative importanti come organizzatrice d’eventi, curatrice di mostre, redattrice di saggi critici e di articoli che trattano di Arte. Raccontaci un’esperienza lavorativa che hai reputato altamente formativa.
Il mio primo colloquio di lavoro l’ho avuto con il gallerista milanese Enzo Cannaviello, un “mostro” nel campo in cui lavoro. Per me è stata un’occasione buttata al vento, chance così non so se ricapitano e io non ero abbastanza preparata sia dal punto di vista dialettico e didattico, sia per esperienza sul campo. Oggi credo di avere un piccolo bagaglio in più rispetto a quel giorno di marzo, in cui appena laureata, incontrai Cannaviello: ho imparato a conoscere il mercato, a trattare con artisti e clienti e in questo l’esperienza diretta nella vendita è stata fondamentale.
Sì, tutto fa, anche le esperienze negative … e me le tengo strette! Cose che credevo non interessarmi mi hanno catturata totalmente, quindi ora mi guardo tanto in giro e cerco di non farmi più scappare occasioni del genere!
Hai vissuto per diversi anni in Toscana ed hai avuto modo di visitare Barga. Cosa ricordi di questa cittadina? Con il saggio critico della mostra “Arti Differenti” hai avuto l’occasione di studiare alcuni artisti rappresentativi del luogo. Come hai trovato questa indagine?
La Toscana è diventata parte della persona che sono oggi, non solo perché questa regione mi ha formata scolasticamente e artisticamente, ma soprattutto perché mi ha dato modo di confrontarmi con una moltitudine di persone, provenienti da tutta Italia, con formazioni diverse e un bagaglio tutto da scoprire.
Appena trasferita, ho avuto modo di capire quanta attenzione al cittadino questa regione dedichi. Per me è stata una cosa straordinaria trovare nelle sue città e piccoli paesi tutti quei servizi che invece in Piemonte sono marginali, meno vari e più cari.
Anche Barga non fa eccezione: è dinamica, pronta a crescere e ad ampliare i suoi orizzonti e questa mostra assieme ai suoi artisti lo conferma.
Ti sei laureata discutendo una tesi sulla Collezione Guggenheim a Vercelli. Da che cosa è composta? Ci sono altre città italiane in cui possiamo ammirare pezzi della collezione di Peggy Guggenheim?
La Collezione Guggenheim a Vercelli è arrivata con le vesti di una mostra temporanea che si è rinnovata cambiando le sue opere, di anno in anno, per quattro anni consecutivi, usufruendo dei pezzi che venivano dal Guggenheim di NY e da quello di Venezia.
È stato un bellissimo progetto finanziato e sostenuto dalla regione Piemonte, perché lo spazio espositivo merita e, nonostante il cambio nelle politiche regionali, spero che riuscirà comunque a mantenere alto il livello delle mostre allestite nello spazio ristrutturato proprio per gli eventi Guggenheim. Non solo il Piemonte si è interessato alla figura della mecenate Peggy Guggenheim, a Lucca è attualmente in corso una mostra che raccoglie molte delle opere su carta appartenute alla newyorkese di adozione veneziana. La sua figura e gli artisti che la circondavano rispecchiano molto il mio personale gusto artistico, trovo che le sue scelte siano state sempre di altissimo livello ed è per me appagante vedere mostre che si basano sulle sue collezioni.
Hai avuto modo di studiare a New York la lingua inglese e l’arte contemporanea. Raccontaci con i tuoi occhi com’è vivere nella Grande Mela.
L’esperienza newyorkese è stata straordinaria, credevo di sentirmi spaesata invece questa città mi ha accolta e trasportata tra le sue bellezze culturali. Ho avuto finalmente la possibilità di confrontarmi con un’Arte che in Italia, non si sa come mai, si vede poco.
Finalmente ho potuto vedere (e rivedere), dal vivo opere di artisti riconosciuti, stimati e quotati che, per chi studia Arte Contemporanea, sono fondamentali. Anche gli spazi dedicati all’arte, inoltre, sono studiati per coinvolgere il visitatore in un percorso totalmente in linea con la città in cui si trova. Ero a NY sia quando c’è stato il terremoto sia quando è arrivato l’uragano Irene, quest’ultimo mi ha costretta a fermarmi qualche giorno in più e a riflettere sulla mia esperienza che stava giungendo al termine, ed ho convenuto che nulla di ciò che viene esposto tra i Musei e le Gallerie è convenzionale e questo fatto mi rispecchia molto e ovviamente mi fa apprezzare parecchie delle cose che ho visto nella Grande Mela.
Oltre all’arte, quali sono le tue principali passioni?
Il lavoro che faccio mi rispecchia totalmente (oltre ad occupare la quasi totalità del mio tempo), non esistono festività o fine settimana totalmente liberi, ma credo che a ventitre anni vada bene così. Sto cercando la mia autonomia e la mia indipendenza tramite un settore dinamico quale quello dell’arte e degli eventi, il mio lavoro è la mia passione e sono davvero poche le cose che mi coinvolgano senza diventare prima o poi parte del mio esso.